L’addolcitore a scambio ionico sfrutta resine sintetiche che, satolle di ioni sodio, intrappolano calcio e magnesio – i responsabili della durezza dell’acqua – rilasciando al loro posto modeste quantità di sodio. Poiché l’efficacia delle resine si esaurisce dopo numerosi litri trattati, un ciclo di rigenerazione le ripristina sciogliendo una salamoia concentrata; per questo motivo il tipo di sale impiegato, la sua purezza e la sua solubilità influenzano direttamente la performance dell’impianto, la durata delle resine, i consumi idrici e l’igiene del serbatoio salamoia.
Indice
- 1 Tre famiglie di sale: roccia, solare ed evaporato
- 2 Formati commerciali e loro destinazioni d’uso
- 3 Purezza, additivi e certificazioni di potabilità
- 4 Alternative al sodio: cloruro di potassio e miscele “low sodium”
- 5 Come scegliere il sale in base all’impianto e all’acqua di rete
- 6 Stoccaggio domestico: prevenire ponti, muffe e indurimenti
- 7 Manutenzione correlata alla qualità del sale
- 8 Considerazioni ambientali e normative locali
- 9 Conclusione
Tre famiglie di sale: roccia, solare ed evaporato
Il sale di roccia deriva da estrazione mineraria tramite trivellazione o scavo di antichi bacini marini. È economicamente competitivo ma presenta inclusioni d’argilla e solfati che, sciogliendosi, rilasciano impurità nella salamoia e possono intasare valvole e iniettori. Il sale solare nasce invece dall’evaporazione dell’acqua marina in bacini all’aperto: il processo, fortemente dipendente dal clima, concentra elementi in tracce (calcio, magnesio, alghe microscopiche) che possono innalzare la torbidità della soluzione. Il sale evaporato – prodotto in torri o pantracchi sottovuoto a partire da salamoie purificate – supera il 99,6 % di purezza in cloruro di sodio e risulta il più idoneo agli addolcitori moderni, perché genera residui minimi e si scioglie in maniera omogenea.
Formati commerciali e loro destinazioni d’uso
Nel mercato europeo si trovano prevalentemente tre formati. Le pastiglie cilidriche o “pellet” sono pressate ad alta densità, così da sciogliersi gradualmente e fornire concentrazioni di salamoia costanti: sono la scelta standard per impianti domestici fino a quaranta litri di resina. I cristalli grossolani – meno compatti, simili al sale per disgelo – si adattano a vecchie cisterne a pozzetto, poiché la superficie ampia favorisce lo scioglimento anche in concentrazioni d’acqua limitate, ma si compattano con facilità formando “ponti di sale”. I blocchi monolitici da quattro a otto chilogrammi, infine, rispondono ai fabbisogni di addolcitori compatti senza vano salamoia: il blocco viene gradualmente eroso dal flusso di rigenerazione, riducendo la manutenzione e impedendo il ribaltamento di pastiglie nell’alloggiamento verticale.
Purezza, additivi e certificazioni di potabilità
Oltre al contenuto di NaCl, un buon sale per addolcitore deve avere tenore in insolubili inferiore allo 0,03 %, assenza di potassio che altererebbe la durezza rilevabile e residui di iodio entro i limiti della norma UNI EN 973 tipo A. Taluni produttori aggiungono agenti antiagglomeranti (ferrocianuro di sodio o di potassio in traccia) che scongiurano i ponti salini, ma la percentuale autorizzata resta intorno a 3,4 mg/kg, con impatto trascurabile sulla qualità dell’acqua trattata. Le confezioni recanti la certificazione NSF/ANSI 60 garantiscono idoneità al contatto con acqua destinata al consumo umano e attestano l’assenza di metalli pesanti e nitrati oltre soglia.
Alternative al sodio: cloruro di potassio e miscele “low sodium”
Per chi segue diete iposodiche o vive in zone soggette a restrizioni sullo scarico di salamoie, esistono pellet di KCℓ. Il cloruro di potassio rigenera le resine con la stessa logica del sodio, ma costa circa il 50 % in più, richiede dosaggi maggiori del 10 % e attrae più umidità, rendendo necessaria una chiusura ermetica del sacco. Alcune aziende propongono blend 70 % NaCl / 30 % KCℓ per ridurre l’immissione complessiva di sodio negli scarichi senza sacrificare troppo la resa.
Come scegliere il sale in base all’impianto e all’acqua di rete
Addolcitori volumetrici di ultima generazione, con valvole a pistone e iniettori calibrati, beneficiano di sale evaporato in pellet: la dissoluzione precisa permette di programmare rigenerazioni brevi, con minor consumo di acqua. Se l’acqua di rete mostra elevate concentrazioni di ferro e manganeso, meglio orientarsi su pellet arricchiti con chelanti specifici che trasformano i metalli in complessi idrosolubili non depositali. Per vecchi addolcitori a tempo – privi di turbina di conteggio litri – il sale cristallino resta una valida opzione, purché si preveda il rimescolamento manuale periodico del tino per evitare croste superficiali.
Stoccaggio domestico: prevenire ponti, muffe e indurimenti
Il sale per addolcitori è igroscopico. Sacchi aperti vanno conservati in ambiente asciutto su pedane sollevate da terra, lontano da fertilizzanti, vernici e fonti di cloro che potrebbero contaminarne la purezza. Installare un deumidificatore nei locali lavanderia riduce al minimo la formazione di “marzapani” di sale all’interno della vasca salamoia. Se ci si assenta per più di un mese, conviene abbassare artificialmente il livello del tino a pochi centimetri o programmare un ciclo di rigenerazione automatico poco prima del rientro, così da impedire stagnazioni prolungate di salamoia tiepida, terreno ideale per alghe e batteri.
Manutenzione correlata alla qualità del sale
L’uso di sale evaporato di grado A riduce a intervalli annuali l’ispezione del fondo tino, che va comunque svuotato, pulito con soluzione d’acqua e acido citrico al 10 % e risciacquato. Con sali più grezzi la frequenza scende a sei mesi. Gli iniettori e i Venturi si smontano e si immergono in aceto tiepido per disgregare eventuali incrostazioni di gesso; l’operazione dura pochi minuti e restituisce la corretta portata di salamoia.
Considerazioni ambientali e normative locali
Diversi comuni italiani (ad esempio Ferrara e Trieste) hanno introdotto limiti allo scarico di cloruri in fognatura; in tali contesti può essere imposto l’uso di sale a più alta purezza, di miscele parzialmente cloruro-potassiche o di sistemi “a domanda” che riducono il volume di rigenerazione. Informarsi presso l’ente gestore dell’acquedotto evita sanzioni e suggerisce le soluzioni più compatibili con le direttive regionali.
Conclusione
Scegliere il sale giusto per l’addolcitore non è un dettaglio marginale. Il cloruro di sodio evaporato in pellet resta la scelta principe per purezza, rendimento e pulizia dell’impianto; varianti arricchite per rimozione ferro o miscele con potassio rispondono a esigenze specifiche di salute o normative. Una corretta conservazione ‒ in locale asciutto e con coperchio chiuso ‒ insieme a un ciclo di pulizia periodico garantisce un’acqua dolce costante, una lunga vita alle resine e un minore impatto sia sulla bolletta sia sull’ambiente.